Aneurismi cerebrali

Aneurismi cerebrali


Un aneurisma cerebrale è una malformazione vascolare delle arterie cerebrali. Può avere un aspetto sacciforme o fusiforme.
In particolare l’aneurisma sacciforme è tipicamente costituito da una porzione ristretta detta “colletto”. Questa collega il vaso da cui origina a una parte più allargata detta “cupola aneurismatica”.

Gli aneurismi cerebrali sono lesioni acquisite, legate a un processo degenerativo, multifattoriale. Questo coinvolge il tessuto connettivo della parete del vaso. L’aterosclerosi, il fumo, l’ipertensione e il diabete giocano un ruolo importante nella sua evoluzione.

Vi sono altre condizioni patologiche meno comuni a cui gli aneurismi cerebrali possono associarsi. Tra loro ci sono alcune malattie sistemiche del tessuto connettivo (e.g., Sindrome di Marfan).

Anatomia patologica

Le sedi più frequenti di sviluppo di un aneurisma sono a livello dell’arteria:

  • carotide interna
  • cerebrale media
  • comunicante anteriore
  • comunicante posteriore

Inizialmente l’aneurisma è accolto nello spazio subaracnoideo. Man mano che le sue dimensioni aumentano, esso prende contatto con le strutture nervose circostanti, generando potenziali effetti compressivi.

Come detto, in base alla loro forma, gli aneurismi si distinguono in:

  • Sacciformi
  • Fusiformi
  • Dissecanti (ovvero generati dallo slaminamento della parete del vaso)

Epidemiologia

La frequenza di riscontro di sanguinamento da rottura di un aneurisma cerebrale è di circa 5 nuovi casi all’anno ogni 100.000 abitanti.

Tutte le età possono essere colpite con una prevalenza di incidenza tra i trenta e i sessant’anni di vita. Vi è una prevalenza del sesso femminile.

Dopo un primo episodio emorragico (warning leak) le probabilità di nuove emorragie aumentano. Questo rende spesso necessario il trattamento dell’aneurisma. Il rischio di sanguinamento è, inoltre, aumentato nei cosiddetti casi familiari. La prevalenza dei casi di aneurismi nella popolazione generale è di circa il 5%. Un importante studio giapponese, chiamato studio ISUIA, ha attribuito il rischio percentuale cumulativo di sanguinamento in base alla dimensione, alla sede dell’aneurisma e alla storia clinica del paziente. Questo studio rappresenta a tutt’oggi un riferimento importante per l’indicazione terapeutica.

Clinica

  • Nel 90% dei casi l’aneurisma si presenta con una emorragia subaracnoidea, secondaria alla rottura della sacca, caratterizzata da uno spandimento di sangue nello spazio subaracnoideo di variabile entità.
    I sintomi e segni correlati possono essere: cefalea intensa di tipo trafittivo (a colpo di pugnale), vomito, perdita di coscienza, deficit neurologici improvvisi, tra cui paralisi oculare, disturbi della vista, emiparesi. Nei casi più gravi vi è una compromissione dello stato di coscienza fino al coma e nei casi più gravi la morte improvvisa.
  • Il restante 10% dei casi è di riscontro incidentale, poichè viene riscontrato nel corso di indagini cliniche eseguite per altri motivi. In questo caso, in base alle dimensioni della sacca, alla sua forma, alla sua locazione, ai vari fattori di rischio, il neurochirurgo o il neuroradiologo interventista suggeriranno o meno il trattamento.

Diagnosi

  • TC ed Angio-TC. Il primo esame da eseguire in caso di emorragia da aneurisma cerebrale è la tomografia computerizzata.
    Con con le ricostruzioni tridimensionali attualmente possibili, essa permette di affrontare sia i problemi di emergenza (entità dell’emorragia, presenza di edema cerebrale, idrocefalo), sia una definizione dettagliata dell’aneurisma. Vengono evidenziati tutti i suoi rapporti con le strutture nervose e con i vasi arteriosi satelliti all’aneurisma stesso, elementi indispensabili per una corretta pianificazione terapeutica.
  • ANGIOGRAFIA. L’angiografia dei vasi cerebrali è l’esame tradizionalmente utilizzato nella diagnosi degli aneurismi cerebrali.
    Si tratta di un esame invasivo in quanto si pratica con un cateterismo intravasale. Viene introdotto dall’arteria femorale in modo retrogrado lungo l’aorta sino ai vasi d’interesse (arterie carotidi e arterie vertebrali). Attraverso il catetere si inietta del mezzo di contrasto iodato. Si permette, in sintesi, la visualizzazione selettiva dei vasi interessati, studiandone le caratteristiche.

Trattamento

  • Trattamento medico.
    Nelle prime ore dall’accesso in pronto soccorso, in base alla stadiazione clinica (gradi I-IV secondo Hunt e Hess), a quella radiologica (TC/angiografia), si procede per priorità al trattamento delle conseguenze dell’emorragia. Una volta assicurate le funzioni vitali del paziente, e valutata la necessità di un eventuale drenaggio ventricolare esterno, nel caso di idrocefalo acuto, si invia il paziente al successivo trattamento.
  • Approccio endovascolare (coiling, stenting).
    Viene eseguito nelle unità di neuroradiologia interventistica ed è sempre più spesso considerato come l’opzione di primo livello. Esso consiste nel riempimento della sacca aneurismatica con piccole spirali metalliche (coil). In sintesi si esclude la sacca dal circolo sanguigno e si impedisce un nuovo sanguinamento.
    Per gli aneurismi non rotti, accanto alla embolizzazione, diviene sempre più frequente l’impiego di dispositivi a diversione di flusso (flow diverter). Si tratta di dispositivi simili a stent. Modificano l’emodinamica regionale, ricostruiscono l’endotelio vascolare e favoriscono la trombizzazione e la progressiva riduzione dimensionale dell’aneurisma.
  • Approccio neurochirurgico (clipping).
    Il clipping chirurgico dell’aneurisma consiste nell’esclusione dell’aneurisma dal circolo cerebrale mediante l’applicazione di una (o più) “clip” sul colletto dell’aneurisma. Pur progressivamente sostituito dall’approccio endovascolare per la minore invasività, è ancora il trattamento di scelta nel caso in cui sia presente un voluminoso ematoma intracranico o negli aneurismi dell’arteria cerebrale media.

Complicanze e prognosi

  • Idrocefalo
    Questo tipo di complicanza può essere trattata mediante il posizionamento di un drenaggio ventricolare esterno (DVE) e nei casi di idrocefalo cronico nel posizionamento di un sistema di derivazione ventricolo-peritoneale (DVP) o ventricolo-striale (DVA).
  • Vasospasmo
    Rappresenta la complicanza più temibile, che consiste nella chiusura per spasmizzazione dei vasi cerebrali, come reazione all’irritazione generata dallo spandimento di sangue, con una conseguente riduzione di flusso e quindi ischemia di parti del cervello. Esso viene prevenuto mediante l’utilizzo di calcio-antagonisti (nimodipina). Il picco di incidenza maggiore del vasospasmo è tra il 7 e il 14 giorno dopo l’emorragia.
  • Epilessia
    Complicanze meno frequenti sono le crisi epilettiche, che possono essere parziali o generalizzate.

La prognosi degli aneurismi cerebrali non rotti è buona, con buon recupero funzionale nei pazienti sottoposti a trattamento.

Diverso è il caso di pazienti vittime di emorragia subaracnoidea. I postumi funzionali e neurologici possono essere estremamente severi ed invalidanti. Il rischio di mortalità e morbilità permanente resta estremamente elevato (40-50% dei casi).