Adenomi ipofisari

Adenomi ipofisari


 

Epidemiologia

Gli adenomi ipofisari sono tumori benigni della ghiandola ipofisaria. Rappresentano circa il 7% delle lesioni primitive del sistema nervoso centrale.

Possono essere classificati in base al profilo di secrezione ormonale in GH-secernenti, TSH-secernenti, ACTH-secernenti, PRL-secernenti (o prolattinomi) e non-secernenti. 

Clinicamente, gli adenomi ipofisari non secernenti costituiscono circa la metà degli adenomi ipofisari. La maggior parte di essi sono benigni.

Clinica

I sintomi più comuni sono legati alla presenza della massa tumorale (effetto massa) e alle complicanze ormonali (iperproduzione ormonale o insufficienza funzionale della ghiandola). Gli adenomi non-secernenti danno segno di sé per l’effetto massa che producono con la loro crescita, in una parte consistente dei casi il loro riscontro è incidentale contestualmente ad un esame diagnostico eseguito per altre cause. Gli adenomi secernenti invece spesso si associano a complicanze ormonali che ne portano alla diagnosi.

Quando l’adenoma ipofisario è di notevoli dimensioni (macroadenoma) può crescere all’interno della cavità cranica e arrivare a comprimere il chiasmo ottico ed i nervi ottici portando così a deficit del campo visivo. Altri problemi visivi possono essere la perdita dell’acuità visiva, specialmente quando il macroadenoma cresce e arriva a comprimere il nervo ottico; oppure difficoltà nel percepire colori in modo vivido.

Clinica

Un altro aspetto della clinica è legata ad una possibile iper-secrezione ormonale o una soppressione della funzionalità della ghiandola ipofisaria (ipopituitarismo). L’ipersecrezione ormonale può portare alternativamente ad un quadro di ipertirodismo primario (quando il tumore produce l’ormone che stimola la tiroide), ipercortiolismo (quando il tumore produce l’ormone che stimola le ghiandole surrenali) generando diabete, ipertensione fragilità ossea e muscolare, iperprolattinemia (quando il tumore produce la prolattina che stimola la ghiandola mammaria a produrre secrezione lattea), acromegalia (aumento dimensionale delle estremità) o gigantismo (quando il tumore produce l’ormone della crescita). In particolare l’ipersecrezione di cortisolo è detta morbo di Cushing ed è spesso da correlarsi alla presenza di un microadenoma.

Il possibile coinvolgimento dell’ipotalamo, la struttura immediatamente soprastante la ghiandola, può comportare alterazioni del comportamento alimentare (obesità ipotalamica), degli elettroliti nel sangue, del ciclo sonno-veglia, del senso della sete (diabete insipido, condizione che porta il paziente a perdere liquidi attraverso un aumento del volume urinario e a dover introdurre una enorme quantità di liquidi per compensare).

In alcuni casi l’adenoma può andare incontro ad un sanguinamento nel suo contesto generando una compressione e sofferenza acuta della ghiandola ipofisaria con una conseguente insufficienza nella produzione degli ormoni fisiologici (insufficienza pituitarica o ipofisaria). Questa condizione è detta apoplessia ipofisaria e rappresenta una urgenza neurochirurgica se accompagnata da un calo improvviso del visus.

Diagnosi

La diagnosi è inizialmente clinica. Necessaria tuttavia è una conferma radiologica, attraverso la RM con mezzo di contrasto.

I test ormonali sono utili per valutare il livello degli ormoni ipofisari, così da confermare se vi sia presenza di un eccesso di ormone prodotto dal tumore e la funzionalità della ghiandola stessa.

Escludere la presenza di un prolattinoma è importante. Poiché il prolattinoma, caratterizzato da livelli molto elevati di prolattina nel sangue, è l’unico adenoma che si cura con una terapia medica.

Tra gli esami diagnostici indicati vi sono:

  • RM encefalo con e senza mezzo di contrasto
  • Test ormonali
  • Esami oculistici (campo visivo computerizzato, esame del fundus oculi, test dell’acuità visiva)

Terapia

  • Chirurgia. Nella maggior parte dei casi di adenoma ipofisario non-secernente e in tutti i casi di adenomi secernenti, fatta eccezione per i prolattinomi, la rimozione chirurgica è l’approccio più efficace. Se il tumore ipofisario richiede l’intervento chirurgico, in genere l’approccio di scelta è la via trans-sfenoidale. L’approccio trans-sfenoidale un intervento minimamente invasivo, eseguito per via microchirurgica o endoscopica, che permette di rimuovere il tumore riducendo le possibili complicanze e i tempi di degenza. L’accesso chirurgico viene eseguito dal naso, attraverso una piccola incisione nella gengiva al di sotto del labbro superiore. Questa tecnica  deve essere eseguita da chirurghi specializzati e necessita di tecnologie dedicate. Tumori di dimensioni maggiori ed estesi nella cavità cranica possono invece richiedere un intervento di chirurgia trancranica (craniotomia). La rimozione del tumore ha una doppia finalità: quella di risolvere l’effetto massa e effetto compressivo sulle strutture neurovascolari limitrofe al tumore e la cura endocrinologica all’iper-produzione di ormoni.
  • Radiochirurgia. La radiochirurgia è indicata esclusivamente ai casi di recidiva post-chirurgica.
  • Radioterapia. La radioterapia è indicata nei casi di adenomi aggressivi, plurirecidivi.
  • Terapia medica. La terapia medica consiste nella terapia di soppressione ormonale nel caso degli adenomi secernenti; in particolare i prolattinomi hanno una terapia medica specifica a base di Cabergolina. Nei casi di insufficienza ipofisaria la terapia medica consiste nella sostituzione degli ormoni non più prodotti dalla ghiandola (terapia ormonale sostitutiva).

Prognosi

La prognosi degli adenomi ipofisari è generalmente buona. La chirurgia nella maggior parte dei casi è curativa con la guarigione del paziente. A volte è necessaria una seduta di radiochirurgia adiuvante (post-chirurgica) per controllare eventuali residui post-chirurgici. Si preferisce non rimuovere parti di tumore in intimo contatto con strutture vascolari o nervose. Così si riduce al minimo il rischio di morbidità operatoria e quindi di deficit neurologici del paziente. Anche in questi casi il controllo lesionale è ottimale.

In seguito all’intervento si assiste di solito ad una normalizzazione del profilo ormonale e ad un miglioramento dei disturbi visivi, quando presenti.

Estremamente rari sono i casi di adenomi aggressivi.  Essi richiedono sedute di radioterapia convenzionale (tomoterapia) o approcci chemioterapici.